15/01/2017

Ciao Fernand

Caro Ferna, forse te lo avevo detto o forse no, ma di fatto non appena fossi riuscito a 'scendere' in Salento la prima persona che desideravo vedere saresti stato tu!

Attraverso FB ci incrociavamo d tempo e vedevo che attorno a te tutto sembrava andare per il verso giusto. Avrei avuto voglia di vedere la tua casa e stare un po' con la tua famiglia... dai tuoi post e dalle nostre poche telefonate veniva fuori un alone nel quale affetti, lavori, arte, relazioni, eventi, mare, pietre, foglie emanavano una bella luce.

Invece ti scrivo su questo muro di pietra digitale, in questo che è ormai diventato il più grande cimitero della storia umana, dove ogni giorno ognuno di noi sparisce e giace nel cyberspazio, finché l'elettricità ce lo consentirà.

Di fatto quando nell'ottobre 1986 sono sbarcato a Lecce dalla Liguria, la prima notte mi sono ritrovato a dormire a casa tua. Sembra un caso ma non lo è. Già allora, pur condividendo con altri la masseria di Monteroni, avevi il senso dell'ospitalità e una curiosità alta e semplice al tempo stesso. Eravamo cinque e o sei ed ho stampata in mente quella prima cena, anche perché all'altro lato della tavola in diagonale c'era Anna Durini, la sorella di colei che sarebbe poi diventata la tua amatissima moglie.

Il viaggio su questa Terra di Anna è stato davvero breve e diversamente da te non ha avuto il tempo di lasciare figli, opere, 'tracce', che tu invece ci hai donato e che ci accompagneranno per il tempo che ci resta da vivere e oltre ancora.

Nel mio cuore ha però lasciato un segno indelebile, l'enigma di un sentimento indicibile, scaturito nei vari momenti che abbiamo condiviso, spesso di domenica o nelle sere d'inverno quanto la solitudine morde e noi la mettevamo a tacere parlando, mangiando, bevendo, ridendo per ore e ore.

Ti ringrazio anche per aver tirato fuori in questi anni e aver postato alcune immagini del mitico Studio Atlantide e di Lecce ForYou. Di quei tre anni e passa che ho lavorato con te mi rimangono ricordi sani e piacevoli: la tua efficienza, la tua velocità esecutiva, la precisione. Allora non eri ancora maturato come artista, vivevi impaginando il Quotidiano, Lecce For You e i vari strumenti di comunicazione che a fatica proponevamo a svariati clienti. Ma proprio allora hai iniziato a scolpire, a scavare le pietre, a dare forme naturali e cosmiche alla materia inerte. Ogni volta che venivo alla tua masseria ero sempre affascinato dal tuo fare 'con le mani': che si trattasse di imbiancare un muro, restaurare un comò, sistemare tronchi di legno in giro per la casa e nella corte, improvvisare un lampada dalla bella luce, raccogliere le arance in una ciotola garbata! Avevi il dono dell'estetica spontanea, antica, potente, selvatica, senza tante menate ed elucubrazioni.

Da te, dalle 'cazziatine' che mi  facevi ridendo per smussare le mie insofferenze e prenderti gioco della mia visione sfalsata, ho anche imparato ad accettare la 'cultura' salentina con gli aspetti piacevoli e con i lati oscuri che a x noi  'polentoni' a volte sono ardui da vivere.

Infine sono sempre rimasto incantato dalla tua bellezza vera, spoglia: un paio di jeans e un giubbotto di pelle e via... ogni giorno eri bello, anno dopo anno e il tempo sembrava non passare per te. Lo stesso dicasi per tua moglie Ornella, bella come una dea della Grecia classica.

Caro Fernando Perrone, fai buon viaggio, ci rivedremo nell'infinito, oltre questo libro della facce. Ciao

 

  • Virginio Briatore
  • Virginio Briatore