1989

La prima volta

Quando nel 1987 vidi Marina per la prima volta, nella sua galleria d’arte moderna, le mi diede questa piccola foto, allo scopo di pubblicarla su For You. Me la guardavo e me la sognavo!

  • Virginio Briatore

1986

G

Mi piaceva molto all’inizio G, perché sembrava una donna degli anni ’40, molto femminile. Come me veniva da mondi semplici, antichi, campestri e come me cercava l’arte, la musica, il futuro. Abitava nella campagna veneta, in una casa nuova, non ancora finita, vicino alla casa dei genitori. Nella camera spoglia, muri di cemento (modello Le Corbusier, senza che lo sapessimo) G. teneva una vecchia TV b&n, accesa sullo schermo impazzito e girata contro il muro. Stavamo a letto con questa luce tremante ed eccitata che proveniva da altri mondi. Era il mese di marzo, la notte fuori, nei campi, nelle rogge gonfie d’acqua aveva i suoi profumi e grazie a lei sono piano piano resuscitato.

  • Virginio Briatore
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Una Giornata Fortunata in Amore

Queste sei foto sono di un viaggio che ci siamo regalati in aprile, a Firenze, nella bella casa che un’amica mi aveva prestato, sui tetti, attaccata al campanile di Giotto. Ho ritrovato uno scritto di quei giorni, dopo che ci eravamo pesati in due sulla bilancia, fotografati in due nelle macchinette, riflessi nelle vetrine leccando in due lo stesso cono, ridendo ridendo…
Come dice il vento?
Tra Zolfo e brillanti 
scorre una via tropicale
che quattro volte porta
a una foto liquida.
Chi sei tu bella morettina?
Siamo 119 in due 
E anche una tipa seria
come la bilancia è andata via
di testa in 3 secondi 
lasciandoci – parole sue –
al volgere di “ una giornata fortunata in amore”.

  • Virginio Briatore
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ROS

Nell’inverno dell’1986 è successo di tutto. Tradito e abbandonato da colei per cui ero andato a vivere a Vicenza, mi volevo buttare nel torvo Bacchiglione in piena. Mi salvò un amcico grande e buono, Roberto C. per giunta medico e psicologo!

Applicai la terapia messicana che dice che per dimenticare una donna la cosa migliore è trovarne un’altra. Da noi si diceva: chiodo scaccia chiodo.

La cura funzionò così bene che il mese dopo avevo 2,5 storie (due di notte e mezza di giorno) senza contare che la confusa D., essendo buona e infedele di natura, ogni  tanto tornava anche da me per martoriarmi con passione. (Dalla polaroid di quei giorni si capisce il mio patimento e la voglia di rinascere).

Il caso vuole che Ros. abitasse in un vecchio palazzetto con tre finestre affacciate sul Bacchiglione, che a marzo ormai mi sembrava un fiumiciattolo innocuo.

La sua casa era piena di libri, grande e romantica, con un passaggio ‘segreto’ che dal living portava alla camera da letto.

Lei era giovane, slanciata, bianca, soffice e profumata come il latte. Nel vedere oggi questa miserrima fototessera ritrovo in essa con tenerezza i tratti della ‘razza veneta’ o meglio ancora vicentina!

Io lavoravo al bar su due turni: dalle 8 alle 17, o dalle 17 all’una e passa di notte. Lei aveva una sorta di reperibilità notturna. Non facevamo domande. Non c’era tempo. C’erano solo desiderio e simpatia. Ci incontravamo nelle ore più strane, sempre a casa sua, facevamo delle cene notturne e delle colazioni pomeridiane.  Me lo ha spiegato bene Peter Greenaway vent’anni dopo: “Nella vita contano solo due cose: il sesso e la morte”. Intervallati da un po’ di cibo saporito!

  • Virginio Briatore
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1985

Gambe e labbra

Due notti in una vita non sono niente. Tutto svanisce… che cosa stavano cercando alla fine di una festa nella ‘cave’ della casa di Pierre a Orleans? Eppure il ricordo permane… di Sabine sogno ancora le gambe, le gambe.. e lei chi si riveste nella mattina di marzo per andare via… lei che ritorna nel letto e mi sussurra che le ricordo Jacques Brel… per via delle labbra.

  • Virginio Briatore