31/07/2018

L'Alba di Internet

Per celebrare il quarantesimo anno di vita ai primi di gennaio del 1995 partii per l’India, su incarico anche della non ancora nata Fabrica, scuola multidisciplinare della Benetton, alla ricerca di una fantomatica creatura indiana iper creativa. 
Per condividere le gioie e le pene dell’India invitai al viaggio un amico filosofo, bravo grafico e supremo tiratardi.

Incontrammo alcuni yogi iperconnessi con l’ovunque, tutti no-name, e diversi gruppi di giovani che a Munbay, a Cochin, Trivandurapuram, Bangolore e persino in angoli più remoti già usavano Internet, collegando computer primordiali, cavi volanti, modem artigianali. Ma loro erano in rete e in Italia ancora no!

 

Alla fine di febbraio, rientrato a Ravenna, una mattina al risveglio ebbi una delle poche idee della mia vita (non più di due o 3!), chiamai mia moglie e appoggiato al termosifone giallo della cucina le dissi quanto segue:

Grazie alla rete potrò fare arrivare progetti da tutto il mondo, relativi a ogni tema del design. Da questo fiume nutriente sceglieremo quelli più interessanti e li pubblicheremo su una rivista.

 

Con questa idea in testa ripreso il lavoro a Milano mi misi assieme a un brillante grafico appassionato di design Franco Cervi, competition.adesignaward.com/design.php?ID=46029">competition.adesignaward.com/design.php?ID=46029

come me stanco dei soliti arredi e in svariati dopocena nella sua casetta dell’hinterland progettammo una rivista in cui confluivano varie espressioni/direzioni del design e la ‘logammo’ D.SIGN!

 

Nel frattempo eravamo arrivati alla fine dell’anno, il mio Mac Classic con lo schermo in bianco e nero grande come due smartphone di oggi non poteva espandersi e così a gennaio 1996 mi arrivò il Mac Performa, un combo, con tanto di modem esterno con il quale potei per la prima volta collegarmi a Internet privatamente. Per aprire una pagina ci voleva mezzo minuto…

 

Dopo varie esplorazioni incontrammo, sempre nel 1996, un giovane manager dell’area marketing pubblicità di un grande gruppo editoriale che a sua volta si appassionò del progetto. 

Passarano due anni di infiniti incontri, con varie autorità del mondo dei media, due anni per un’idea che altrove si sarebbe capita in due mesi! 

Poi il gentile manager ci finanziò un numero zero. Poi un secondo numero Zero che quindi era un Uno!

Con questi esempi plausibili l’anno dopo ci fece incontrare e valutare da vari esperti: antropologi, pubblicitari, studiosi dei media e alla fine costrui un appuntamento con il megadirettore galattico. C’erano ancora le Lire, ma volevano le copertine in Euro!

 

Quattro anni dopo aver avuto l’idea, nella primavera del 1999, ascesi quindi alla torre del megadirettore e venni lasciato solo di fronte a lui, che sul tavolo aveva il nostro doppio numero zero D.SIGN

 

Gli spiegai entusiasta tutto quello che si poteva fare e di come noi saremmo diventati la ‘stampante della rete’ raccogliendo il meglio del design da tutto il mondo!

Mi guardò con aria di commiserazione e mi disse: “Internet è una bolla di sapone che si sgonfierà non appena gira il vento!”

 

Rimasi senza parole e nella mia mente, ricordo perfettamente, pensai: “Ma come, io che sono nato a Ceva, in una casa dove non c’era neppure un libro, sono cosciente di come Internet sia la più grande invenzione del genere umano dai tempi della scrittura e questo che a Milano presiede l’impero della carta stampata non lo capisce! Povera Italia.”

 

Ma perché io l’avevo capito? 

Da giovane avevo letto Castaneda, Aldous Huxley, Moebius e altri pazzi fumanti, avevo incontrato vari tipi di yogi, anche quelli con pochi grassi, e nella laguna dei sogni in riva all’oceano a Princess Town, Ghana, su un isoletta di 7 metri vicino a riva, ma non troppo, avevo osservato a lungo uno sciamano che scandiva il tempo della comunità, senza sapere dell’esistenza di calendari e orologi. 

Come se non bastasse dal 1991 frequentavo Giacomo Verde, uno dei 5 artisti con cui a Treviso fondammo ‘’Theleme Creazioni Associative’ www.edueda.net/index.php?title=Verde_Giacomo">www.edueda.net/index.php?title=Verde_Giacomo

www.edizioniets.com/scheda.asp?n=9788846746986">www.edizioniets.com/scheda.asp?n=9788846746986 e con lui altri smanettoni tipo Mario Canali di Correnti Magnetiche it.wikipedia.org/wiki/Mario_Canali">it.wikipedia.org/wiki/Mario_Canali

e soprattutto ascoltavo le parole di Antonio Caronia, con cui lavoravo alla rivista Virus Mutation:- sapiente, matematico, filosofo, cybernauta il quale, per una questione tutta femminile, mi onorava della sua amicizia.

§  Un corpo, un ibrido. Ciao Antonio – Simone Corami

§  Per Antonio Caronia (al di là del ghiaccio dell’esserci persi di vista) – Wu Ming

§  Antonio Caronia –  Wikipedia

§  Mediamente – Intervista (1996)

§  Il Cybor – Saggio sull’uomo artificiale (Libro)

§  Dall’oralità alla scrittura alla comunicazione telematica – HackerArt.org

§   Video da Youtube

§  Il manifesto del 31.01.13

§  ArtTribune

 

Per fortuna, agli inizi delle esplorazioni, il manager gentile ci aveva condotti al centro ricerche del gruppo Matsushita, diretto da Augusto Grillo. Lui capì immediatamente il potenziale del progetto. Ma la rete, nel senso proprio dei cavi, della capacità, nel 1996 in Italia non era matura e servivano non pochi soldi. Mi richiamò nel 1999 e mi disse, siamo pronti, se vuoi realizziamo il progetto. Così fondammo il portale Aedo-to.com con cui dal 2000 al 2009 organizzai 27 tra workshop online e design-competition online, con aziende italiane e internazionali, quali Citroen, Panasonic, Jvc, Epson, Toshiba, Martini, Guzzini, Safilo, Dainese, Lavazza, Macef.

Dopo 9 anni chiudemmo, perché l’online era diventato accessibile  a tutti, non c’era più bisogno di un server importante, e le aziende iniziavano a farsi le loro ricerche e design-competion da sole. Ci tengo però a ricordare che attraverso i competition di aedo-to.com, oltre a varie mostre, feste, cataloghi, abbiamo trasferito dalle aziende alla tasche dei designer circa 500.000 euro. Non medagliette, attestati, volantini, pezzi di plastica o metallo, ma Euri!

Facemmo anche tre numeri della rivista cartacea, Aedo-Ba, con copertina in Taivek, che di fatto è l’unica rivista che mai abbia diretto!

I nomi li definimmo Augusto Grillo ed io, nell’estate 2000, a casa mia a Ravenna, che era la casa costruita sul palazzo dei Da Polenta in cui visse Dante Alighieri.

Aedo è il cantore greco itinerante, colui che porta le notizie dal mondo; To è il suono dell’ideogramma giapponese che indica il tempo, Ba il suono di quello che indica lo Spazio.

 

 

PS

Nel 2000 o giù di lì conobbi una donna americana di origine asiatica, molto bella e dalla voce profonda. Era una delle punte di freccia di Apple: mi spiegò che girava il mondo e la rete alla ricerca di idee innovative e di talenti da invitare a Cupertino.  

Le parlai del progetto Aedo-to e nel tempo le segnalai due persone. Una delle quali, un montanaro tirolese, fu poi invitata; ma era così avanti che dopo averci pensato bene rispose che preferiva restare libero!

Comunque Lei, di cui forse un giorno ricorderò il nome, mi scrisse quasi subito per dirmi che il progetto aedo-to era fantastico e che a suo avviso non c’era nient’altro di così avanzato al mondo.

Insomma tempo addietro, per una volta, fui avanti! 

 

 

 

 

 

  • Virginio Briatore
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