2005

Pura Grafica

di Virginio Briatore

Pura grafica Primo gennaio Costa Tirrenica, 15 chilometri a Sud di Livorno, tra Quercianella e Castiglioncello, in località Campo Lecciano sulla Strada Statale SS1 Aurelia, che da due mila anni costeggia il mare tra Roma e la Gallia. Qui in fondo a un piccolo oliveto, tra i pini marittimi, i sempreverdescuro lecci ritorti dal maestrale, le canne e le tamerici c’eÌ una casa di sasso e mattoni appoggiata sull’ultimo lembo di terra sovrastante la scogliera. Ho aperto il mio vecchio i-book, bivalva marino bianco e blu (a cui una graphic designer di Firenze, Beatrice Santiccioli, devota della Deposizione del Pontormo, portò in dote il dono del colore — dopo decenni di computer grigiastri come vomito biliare). Sto seduto di fronte al mare, la Gorgona a Nord Ovest, l’Elba, il Giglio e il capo di Piombino a Sud Ovest, di fronte la Capraia e dietro in lontananza, emergente solo quando il sole le tramonta alle spalle, appare la Corsica col suo lungo dito. Dieci anni di una ricerca artistica e professionale — capitolo chiuso — inizio di una nuova etaÌ — che Franco Cervi vive come un percorso di autodefinizione, un percorso irripetibile in cui l’entusiasmo eÌ stato massimo e la necessitaÌ espressiva totale. Scrive F.C. "Autodefinizione? Non mi è venuto in mente termine migliore per indicare quel tortuoso e faticoso rimuginare che mi ha evoluto dalla condizione di confuso neo-laureato (quel generalizzato senso di indeterminatezza, incompiutezza e inadeguatezza che mediamente pervade colui che termina gli studi universitari nell’Italia/Europa contemporanea) a quella di chi ha compiuto le prime scelte di vita, determinanti per l’acquisizione di un sapere, di un Mestiere (nell’accezione artigianale del termine, seppur attraverso il filtro della tecnologia piuÌ avanzata) e di un alfabeto espressivo riconoscibile". La storia del mestiere è interessante percheì F.C. pur essendosi laureato in architettura ed avendo operato dapprima come architetto non ha mai voluto essere architetto. Lui è un grafico. Un grafico innovatore. Un grafico che progetta la grafica di oggi, di domani. "Alla fine del giorno ti chiedi — io chi sono? Non riesco a scindere ma so che non sono quello che vende i progetti a Tizio, non sono quello che fa il catalogo o il sito a Caio... Io non sono solo quello che faccio commercialmente. La domanda non è — per chi lavori? Ma — che musica suoni? Sono stato 10 anni chiuso, come Tarkovskij a preparare i suoi film; progettare mi è costato le notti, le notti, le notti... Ho cercato l’equilibrio, le proporzioni matematiche, le geometrie classiche, il doppio livello". Di alcune di queste notti sono stato testimone. Correva l’anno domine 1994 e io volevo fare una rivista di design che altro non fosse se non la stampante della rete. Chi altro poteva spendere il suo tempo per cercare di fare la più bella rivista possibile, non una rivista di mobili, teiere, case e lampade, ma una rivista che, ripescando ora l’introduzione, trattasse il design come un linguaggio... Siamo ospiti su questa terra. Siamo tutti parte del medesimo organismo vivente — the blue planet. Per vivere ci serviamo di un mare di cose che qualcuno pensa, disegna, produce. Design is like music: tutti lo possono percepire, condividere, amare. Il design interessa tutti gli esseri umani, dalla nascita alla morte. Da quando esiste l’essere umano esiste il design. Design is a language; è il linguaggio delle cose; è una lingua planetaria sempre più articolata. Ci trovavamo a casa sua, nell’hinterland milanese, le betulle erano spoglie... notti d’inverno con montagne di riviste e di fanzines strane: serbe, svedesi, jap, californiane, leccesi, finlandesi, napoletane, olandesi, berlinesi e poi oggetti, cartelle stampa, lattine di pepsi da passare allo scanner, le prime scarpe di Ronaldo appena uscite dalle mani di un designer friulano a Seattle... e ogni 15 giorni la rivista cresceva... ancora oggi quel D.sign, a cui poi togliemmo anche il punto, è vivo, integro ed una rivista così trainante, originale e soprattutto graficamente bella in Italia non esiste... Per un anno siamo stati in Rizzoli a testare l’idea, abbiamo fatto sei milioni di riunioni, ci hanno anche finanziato un numero zero, ma poi decisero che era troppo di nicchia: ‘una testata da 10.000 copie’, il che per un grande gruppo non serve a niente. Ma intanto noi eravamo diventati amici. Lui aveva letto tutti i dieci libri dell’Etica Nicomachea di Aristotele con testo greco a fronte e mi parlava, mi parlava, mi incitava a cercare altri editori... Da lì poi sbarcammo in Villa Tosca e dopo 5 anni, nel 1999, infine un signore, un vero atipico imprenditore, Mr Augusto Grillo, ci fece decollare e realizzare dapprima il portale di design Aedo-to.com e poi anche la testata (episodica non periodica) Aedo-ba. Anni anni anni e il sole che gira e noi con lui. Ho visto la A di Aedo disegnata da Cervi e ho visto la Z di Z Gundam progettata da Frank e in mezzo ho visto tutta la sua collezione di vinile e CD raccolta in un armadio come reliquie in una teca. Dalla mania per la musica e l’ordine ho iniziato a percepire l’architettura della sua composizione grafica, guidato dalle sue parole: "In un periodo culturale in cui l’overproduzione progettuale ci bombarda di immagini e di segni ritengo piuÌ interessante pormi quale traduttore tra mondi che si esprimono con linguaggi eterogenei, per poi cercare convergenze verso la disciplina grafica. Per cui attualmente i miei modelli sono Miles Davis e Frank Zappa, due fra i massimi compositori di tutto il ‘900. Tempo fa ho capito che adottando il modello compositivo zappiano, che viene denominato laboratorio permanente, si potevano potenziare i livelli di produttività senza perdere in qualità. Il sistema è davvero molto semplice e si basa sul presupposto che il sentimento creativo è in realtà un impulso intellettuale sempre attivo. Ciò vuol dire che, a fronte dello stimolo più caduco e casuale, si può operare per una sua veloce stesura formale. Non importa quanto il risultato di tale lavoro sia primordiale, purchè contenga il livello minimo dell’idea. Può trattarsi di un dettaglio stilistico, di una particolare combinazione di elementi grafici, di una composizione tridimensionale, ecc. Dopo un po’ di tempo ci si accorge di possedere un enorme bagaglio segnico che si può di volta in volta ricombinare o integrare con materiale creato ad hoc, per soddisfare i bisogni di un brief che magari è arrivato anni più tardi. Non un riciclo, ma un sistema che consente di mantenere una propria identità progettuale lavorando nell’abbondanza". Anche di questa musica stoccata nei meandri del cuore e poi suonata nelle sere propizie ho avuto prova. L’ho sentita esprimersi nei molti lavori affrontati assieme: dall’immagine istituzionale del premio The Bombay Sapphire Designer Glass Competition, organizzato da Aedo–to.com e giunto ormai alla IV edizione, all’interminabile sito di Alleanza Assicurazioni. F.C. è un creatore di segni e i suoi segni parlano la lingua di oggi: ieri non c’erano, oggi ci sono. I suoi progetti sono figli dell’officina interiore, del suo tormento gioioso che sempre lo assilla e che lo innalza sino alla vetta di una nuova font. Una nuova font che sembra la valvola di una Ferrari, una colata d’argento o un tecnopolimero estruso, perchè lui non solo li progetta ma poi li digievolve in 3D, li incapsula nella IV dimensione, li porta dallo stampatore e lo convince a provarli... I suoi corpi sono solido o liquido, surface o abisso, gotico o venusiano, babilonia e gundam. Chi capisce di grafica lo vede. Colui che vede è un rishi. Se oggi sono qui inchinato di fronte a tutto questo mare è perchè stimo francocervi e voglio testimoniare il suo lavoro. E poi i grafici mi sono simpatici. La mia vita dipende da loro — io scrivo e loro mettono in ordine la pagina affinchè la si possa leggere e le immagini dialoghino con il testo e il titolo sia tale fin dal primo. Colori compositi sguardo e il primo sguardo va a destra in alto e allora bisogna stare attenti percheì poi c’è la piega che cade nel mezzo e allora bisogna lasciare dello spazio e se invece è un manifesto o una pagina pubblicitaria o un sito... Così parlò il Grafico: "Va riscritto completamente e tu mi devi dare un ingombro massimo di 270 caratteri per il blocco d’apertura e vedi di riempirmi almeno 6 cartelle perchè ho lasciato dei template da scrollare e il titolo non può avere più di due parole se no non mi ci sta più il banner che l’hanno già approvato...". È tutta la vita che lotto con i grafici — per loro le mie parole sono un ingombro, sono del piombo da sistemare in gabbie prefissate, sono testi in corpo 8 che tanto si legge benissimo! Con i grafici ho diviso le case, il cibo, le bollette, l’ufficio, i soldi, i viaggi, gli indimenticabili momenti alle prese con il cliente e altri vari amenicoli di ordine mistico, meravigliante e sentimentale. Ora che ci penso anche i miei testimoni di nozze, benchè di genere diverso erano e sono entrambi supergrafici! Testimonio 360 giorni dedicati, 129 lune consecutive di devozione alla materia. Tra vinili grondanti sangue e prelibati risotti con l’ossobuco preparati con cadenza bimestrale dalla sua indomabile madre e di cui ho solo sentito narrare il profumo. E se 10 anni sono un nulla, un soffio, un vento, una goccia di rugiada che evapora su una foglia, nella breve vita di un uomo sono parte decisiva nella costruzione dell’invisibile edificio vivente. Sono un punto di partenza e di non ritorno. Sono 1.0. (Siamo arrivati a 11.000 battute, come richiesto dal grafico, spazi inclusi!)

  • Virginio Briatore
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